venerdì 20 aprile 2012

RIASSUNTO PARTE QUARTA

PARTE IV__GLI ANNI DEL BIG BANG: 1957-66

LO SGUARDO ECCENTRICO
POPOLARE
Nei vari paesi industrializzati, dopo la fine della seconda guerra mondiale, si insedia sempre più un idea di rinnovamento: l’uomo si proietta verso lo spazio, la cultura torna popolare grazie ai nuovi mezzi di comunicazione di massa: è arrivato il futuro! I soggetti artistici non sono più gli imperi ma bensì la vita quotidiana. Per quanto riguarda l’architettura si viene a creare una ricerca del “modulo”, mi spiego meglio: vari gruppi, in tutto il mondo, iniziano a studiare una modularità delle architetture cercando di creare progetti di rapida realizzazione capaci di innestarsi in ogni parte del globo quasi fossero astronavi.
IL BIG BANG
In questi anni l’architettura avrà un profondo atto di distacco da quelli che erano i canoni classici: infatti si andranno a realizzare non più edifici mirati ad una “sintesi” a progetti più frammentari. L’architettura quindi si allontana dal suo tradizionale statuto e viene proiettata invece verso le scienze esatte, discipline artistiche o dalle scienze economiche, filosofiche o storiche. Quindi si va a dare più peso alle singolarità andando via via ad abbandonare la ragionevolezza.
LA STORIA POP
Mentre nel resto del mondo vi è una quasi rottura con il passato, in Italia ciò non avviene. Infatti molte architetture sorte in questo periodo nel bel paese hanno si caratteri moderni ma in un modo o nell’altro si rifanno a canoni classici (non nel dimensionamento ma quasi un ibrido tra vecchio e nuovo) come per esempio l’edificio di Ignazio Gardella a Venezia. Tutto ciò porterà gli architetti italiani a diventare guide nell’ambito della risistemazione dei musei: infatti diverranno abilissimi nelle integrazione tra vecchio e nuovo con un abile uso di squarci, metallo e vetro andranno a integrare alla perfezione due tipologie di architettura completamente differenti tra loro. Un difensore e promulgatore di questa teoria è Bruno Zevi che scrive trattati su come capire architetture del passato con una chiave moderna, dinamica.
ISOLE E PENISOLE
In questo momento di così grande fermento si vengono a formare movimenti isolati che tuttavia riusciranno a sopravvivere. Tra gli architetti che in tutto il mondo cercano di delineare un pensiero meno caotico, più personale, troviamo Giovanni Michelucci che cerca una combinazione di un paesaggio antropizzato e simbolico andando a realizzare architetture come la chiesa sull’autostrada (sulla A1 all’altezza di Campi di Bisenzio). Tra le varie “isole” che vengono a formarsi in questo mondo caotico, trova spazio Lucio Passarelli con la sua palazzina in via Campania a Roma (dietro via Veneto) andando a realizzare quasi due edifici sovrapposti: crea due architetture a seconda della funzione che si svolgerà all’interno (viene a crearsi il binomio uffici-residenze).
LA CRISI DELLA CITTA’
CRITICHE IN MOVIMENTO
Con la ricostruzione post-bellica va a delinearsi un profilo del tutto anonimo delle città, infatti sì si sono ottenuti degli standard ma questi hanno portato ad una costruzione di parti delle città del tutto anonime. Infatti vengono applicate le vecchie teorie per creare i nuovi quartieri andando così a non caratterizzare le nuove parti delle città che molte volte andavano a coesistere con vecchie parti di queste ultime.
LE MACROSTRUTTURE
Con questo concetto si vuole identificare una nuova idea (che tutta via era già apparsa negli anni 30) di architettura-urbanistica: infatti non si pensa più a strutture circoscritte all’isolato ma bensì più grandi capaci di ridisegnare una vasta zona geografica. Infatti questi architetti pensano che non debba esistere una scissione tra la scala urbana ed il singolo edificio, anzi tutto deve coesistere come un grande ed unico progetto. Tuttavia ciò porta ad un malessere urbano: infatti in questi anni vengono realizzati enormi “casermoni” che non solo non risolvono i problemi ma ne creano nuovi portando mal contento tra i residenti delle suddette aree.
DAL BASSO. CONTINUITA’ E TESSUTI URBANI
Con il fallimento delle macrostrutture un gruppo di architetti , denominato “Team X”, cerca di rivedere il problema affrontandolo in vari modi. Infatti se da un lato si cerca di proseguire oltre, dall’altro si cerca di capire se i metodi usati fino a quei tempi fossero adatti o se era il caso di rivoluzionare tutto il modo di pensare all’urbanistica.
IL TESSUTO
Sempre in questi anni un gruppo di sociologi cerca di rivedere ed analizzare tutta questa maniera di costruire andando  a evidenziare vari problemi legati alla criminalità, marginalità e via dicendo. Quindi si va a delineare tutta una nuova idea che non punterà più a alte torri abitative ma bensì edifici al massimo di quattro livelli sopraterra. I grandi spazi verdi svaniscono lasciando il posto a piccoli giardini privati e si inizia ad instaurare il concetto di continuità. Qui inizia ad affermarsi il concetto di tessuto: infatti il suolo non è visto come un qualcosa di piatto ove posizionare edifici, ma viene interpretato appunto come un tessuto dove, come in una struttura a maglia o griglia, andranno a posizionarsi edifici, strade, servizi e verde. Come se tutto fosse un grande mosaico.
HALEN SVIZZERA ATELIER 5
Si tratta di una innovazione totale nel campo dei nuovi insediamenti: è come vedere l’unità d’abitazione rovesciata, separata ed adagiata su un pendio. Il verde viene utilizzato sia come connettivo ma anche per andare a creare piccoli spazi privati. Gli edifici sono disposti seguendo un preciso disegno dove vanno a integrarsi in una perfetta armonia natura ed edifici. L’itero complesso è studiato per sfruttare al meglio la luce, i venti ed il soleggia mento.
SOCIETY HILL. CASE BASE NELLA CITTA’ COSTRUITA
Il recupero del quartiere non avviene con la così detta tabula rasa ma bensì sarà ottimamente congeniato in quanto vi sarà un connubio tra stato federale (che stanzierà i fondi) e il recupero delle opere preesistenti nell’area. Viene utilizzata la strategia low-rise-high-density  in quanto si mantiene la struttura urbana preesistente ma viene incrementata la densità fondiaria. Le abitazioni vengono organizzate a pacchetti. Sauer si ispira chiaramente a Wright prendendo i caratteri di qualità di vivibilità e inserendoli nella nuova edificazione.
CLARE HALL CAMBRIDGE
La chiave del progetto sono le varie soglie, create da Erskine, articolate spazialmente, distributivamente e formalmente, tra la sfera pubblica del contatto con l’ambiente circostante, quella collettiva dell’interno del complesso, quella semi-collettiva che ne definisce alcuni sotto ambiti, quella semi privata di mediazione e di filtro con gli spazi interni a ciascuna unità abitativa. L’idea del progetto è quella di creare tramite una gerarchizzazione dei percorsi: tutto questa genera un tessuto all’interno del quale trovano posto percorsi ed edifici. I vari edifici sono caratterizzati da un pesante attacco a terra (le murature dell’attacco al suolo sono pesanti mentre quelle dei piani superiori sono più leggere e slanciate.
IL FRONTE DELLA FORMA
LA SCENA URBANA
Un concetto che si era perso era per l’appunto quello della scena urbana, infatti prima (700-800) le città, i palazzi ed i fronti stradali venivano realizzati come quinte di un teatro dove il teatro era la città stessa. Si viene a studiare il “negativo” delle città andando a cercare di darne una forma congeniale e che non sia abbandonata a se stessa. Moore comincia a studiare ed analizzare i fronti spontanei nord’americani ed europei cercando per l’appunto di identificarne e studiarne il negativo. Va così a creare vari complessi residenziali cercando di creare una scena urbana. Così facendo va a creare , a mio avviso, una piccola città bonsai, dove lo studio delle planimetrie e volumetrie va a dar forma all’intero complesso.
ROSSI ED I TIPI CON FORMA
Per il celebre architetto italiano il tema centrale è quello di affrontare con rinnovata sapienza il tema dell’architettura della città, infatti riacquista centralità il tema della forma e della storicità. Rossi sviluppa tutta una serie di ragionamenti diametralmente opposti alla città del funzionalismo; infatti inserisce due nuovi binomi: monumento-tessuto e morfologia-tipologia. Vale a dire un macro disegno dove andare a posizionare le piazze e gli edifici. Ogni architettura è forma indipendente della funzione. Rossi, con i suoi trattati ed architetture andrà a far tornare in “voga” il ruolo fondamentale della memoria e del passato.
IL PARRICIDIO KAHNIANO
Come si può ben notare dal suo operato Luis Kahn è sì iniziatore di fenomeni quali la monumentalità e lo storicismo, ma dall’altra come il più forte promulgatore di una coerenza assoluta tra le sfere della costruzione, della forma, e della funzione. Robert Venturi che fu allievo di Kahn, andrà con il suo modo di progettare a commettere quasi un parricidio: infatti Venturi dichiara la totale indipendenza tra forma e funzione, lascia la parte strutturale completamente all’ingegneria, descrive la decorazione come elemento risolutore dell’architettura. Tra tutte queste sostanziali differenze ve ne è una che sovrasta tutte le altre: il significato. Infatti per Kahn la ricerca del significato profondo è alla base dell’iter progettuale mentre per Venturi la base del significato sta in un miscuglio di gusti popolari, quasi casuale. Venturi è alla continua ricerca di “emozioni” popolari, folclore che diano colore e forma all’architettura. Per Venturi l’architettura si sminuisce ad una creazione di semplici scatole dove il “colore” sia dato dalla pelle esterna. Venturi rende le tradizioni popolari elementi portanti delle sue architetture (i tetti a falda e così via), infatti da molto peso alla facciata principale.